di Armando Torno, da Il Sole 24Ore, maggio 2016

Nella società contemporanea, dopo i crolli delle ideologie, il mercato è diventato un riferimento morale. I valori, etici o economici, si adeguano e si amalgamano. Il mercato non condiziona solo i beni materiali ma anche quelli ritenuti privilegio del gusto e della cultura. Un’opera d’arte, più che in passato, è considerata un investimento importante, un bene rifugio. Può diventare nel volgere di qualche anno un affare; o rivelarsi, anche in tempi rapidi, il contrario.

Queste osservazioni vanno poste in margine a quelle notizie, sempre più frequenti, dedicate ai record realizzati nelle aste da particolari capolavori. D’altra parte le stesse banche, oltre ai miliardari che ormai si sono globalizzati, hanno fatto acquisti importanti di arte, puntando anche su di essa per alimentare il loro patrimonio.

Le cifre raggiunte da alcune opere contemporanee possono equivalere al bilancio annuo di aziende medie. Si prendano i «Tre studi per un ritratto di John Edwards», di Francis Bacon: un ricco asiatico li ha acquistati da Christie’s nel maggio del 2014 per 80 milioni di dollari. Era comunque superato da un altro trittico dello stesso pittore. «Tre studi di Lucian Freud», assegnato nel 2013 dalla medesima casa d’aste  per 145 milioni di dollari  (arrotondiamo risparmiandovi i decimali). In tal caso l’acquirente era l’ex regina di Las Vegas Elaine Pascale Wynn. Gli ultimi decenni ci hanno abituato con sempre maggiore frequenza a simili botti . Il 12 maggio 2015 il mondo seppe che in un asta di Christie’s, a New York, Picasso con «Les Femmes D’Alger. Version ‘O'» raggiunse poco meno di 180 milioni di dollari e la scultua più cara della storia era diventata «L’homme au doigt» di Giacometti, venduta nella medesima sede d’asta a 141.285.000 dollari. Michelangelo, che si fece comunque pagare e dormiva  per prudenza sopra un cofano di monete d’oro, non avrebbe mai immaginato cifre simili. E «Silver Car Crash» di Andy Warhol meritò 105 milioni di dollari nel novembre 2013. Eccetera si dovrebbe aggiungere , perchè altri esempi e ulteriori montagne di soldi non mancano per opere anche di Barnett Newman o di Gustav Klimt. La corsa verso l’alto di talune eccellenze non guarda le crisi, anzi forse ne trae vantaggio: se così non fosse non sarebbe facile spiegare l’acquisto, nell’aprile 2011, da parte della famiglia reale del Qatar per 250 milioni di dollari de «I giocatori di carte» di Paul Cézanne.

Di contro, vi sono opere in auge sino a qualche lustro fa che non hanno retto lo sforzo compiuto dagli acquirenti. Negli anni sessanta e Settanta, per esempio, taluni pittori legati al metodo gioioso delle spinte politiche  (è bene ricordare che in Italia c’erano artisti che davano una quota dei loro ricavi al partito) non hanno più i medesimi ammiratori di un tempo. Senza contare che le mode passano e i valori implodono, soprattutto per chi finisce tra i minori. Va da sé che gli investimenti fatti con opere d’arte rientranti in questa categoria, oggi subiscono lo stesso trattamento dei prodotti finanziari che hanno approfittato delle bolle speculative. Con buona pace se questo genere è  entrato a far parte del patrimonio di una banca.

Di più. Negli ultimi trent’anni lo sviluppo tecnologico ha cambiato radicalmente il mondo dell’immagine e non soltanto il modo di comunicare. Oltre i nuovi dispositivi che permettono visioni delle opere comuni e di quelle d’arte diverse dalle tradizionali, è mutato il panorama iconico del mondo. Con le aste ormai globali sono stati sconvolti, rispetto al passato, i paramentri dei valori economici di un capolavoro. Un saggio appena uscito di Andrea Pinotti e Antonio Somaini dal titolo «Cultura visuale» (Einaudi, pp.320,euro 28), ricorda appunto la comparsa di nuove tipologie di immagini, con una situazione mediale in continua trasformazione. In altri termini, Pinotti e Somaini, che insegnano alla Statale di Milano e alla Sorbona, rammentano che diventa ormai urgente elaborare concetti e strumenti che aiutino a comprendere la nuova dimensione culturale delle arti. In pratica, aggiungiamo, occorre prepararsi ai nuovi valori di mercato e ai possibili ulteriori crolli. Che non mancheranno.

La banche hanno investito in arte con la medesima cautela e attenzione con cui concedevano prestiti, anche se sovente rubricarono tali acquisti sotto la voce delle spese. Comunque, investimenti e valori reali dovranno essre continuamente aggiornati a causa della rivoluzione in atto nella cultura visuale. Nuove forme d’arte stanno bussando. E forse riservano sorprese.