Nella circostanza della presenza dell’importante dipinto di Silvestro LegaLa venditrice di coperte” alla mostra “Al centro: la donna“, in corso a Cortina d’Ampezzo negli spazi della galleria Le Muse sino al 31 agosto 2014, riproduciamo uno stralcio del testo critico di Lando Landini, pubblicato in occasione della monografica sul pittore romagnolo, allestita alla Permanente di Milano nel 1988:

 

“…..nel panorama dell’arte italiana dell’Ottocento, non è abusivo interpretare Lega come la testimonianza di una sopravvivenza di vitalità e di lucidità intellettuale in una civiltà che, oltre a subire la dissacrazione dei tradizionali valori religiosi, offre un esempio dell’esito incerto e talvolta fallimentare a cui sono esposti quei valori laici e quelle aspettative di progresso che avevano entusiasmato da giovani i protagonisti del caffè Michelangiolo. La sua ci appare come un’operosità concretamente risolutiva, pur nell’incertezza e nelle difficoltà con cui si manifesta: propria di chi si trova in una situazione di ultima ratio e può unicamente fare affidamento sulle proprie individuali risorse di etica creativa. Per chiarire il senso di questa espressione, direi che nel nostro secolo esso si addica non ad un Picasso o ad un Warhol, ma a personalità come Bonnard, Morandi, Soutine, Fautrier, Wols, Pollock…:individualità e opere difficilmente riferibili a una qualche velleità di stile d’epoca, ma estreme e significative manifestazioni di quel distacco critico dai valori sociali vincenti che ormai necessariamente si accompagna  ad una ricerca di pur improbabile verità. Una meditazione acuta ma disincantata, a volte disperata, sempre però entusiasta, è la più idonea a neutralizzare gli effetti di quella “morte dell’arte”che i filosofi e gli storici si compiacciono di formulare. Poichè, al di là di una più concretamente postulabile “fine degli stili”, non c’è motivo che assumano un atteggiamento di rinuncia le individualità più inventive, più integrate alla vita e alle sue ragioni.”