Giuliano Matteucci e i Macchiaioli

di Carlo Sisi, Fernando Mazzocca e Paul Nicholls (da Il Giornale dell’Arte, settembre 2023).

Estrema prova della discrezione che gli era propria, il 13 aprile a 78 anni se n’è andato in silenzio Giuliano Matteucci, circondato dall’affetto dei suoi cari  che ne hanno da tempo condiviso l’avventura nel mondo dell’arte e che porteranno avanti i suoi raggiungimenti.

Matteucci è una figura cardine per la pittura italiana del secondo Ottocento, specie toscano, ma non solo: molti infatti sono gli artisti ai quali ha saputo restituire dignità, fama e valore di mercato anche fuori dai confini nazionali.

Il suo nome si lega al Centro Matteucci per l’Arte Moderna, poi divenuto nel 2013 Fondazione Matteucci per l’Arte Moderna, dedito da oltre vent’anni allo studio e alla catalogazione della cultura figurativa italiana del XIX  e XX secolo.

Qui di seguito il ricordo di tre studiosi che  a lungo hanno collaborato con Matteucci.

CARLO SISI

“Retrocedendo con il pensiero ad anni nei quali lo studio e la ricerca sul campo trovavano spazi oggi inimmaginabili, la personalità di Giuliano Matteucci si staglia con un profilo ben definito e coerente

rispetto a quanto avveniva nell’ambito del mercato artistico del suo tempo e, di pari passo, in quello della museografia e della nascente fortuna delle mostre, ancora preservate dagli standard che attualmente rendono discutibili

molti progetti espositivi.

Il lavoro assiduo di Giuliano Matteucci costeggia quei nuovi laboratori di indagine e di innovative realizzazioni apportando notevoli contributi sia sul piano della ricerca scientifica, fra gli altri, la fondamentale monografia su Silvestro Lega (1987),

sia entro il panorama delle mostre incentrate appunto sull’arte dei macchiaioli che, declinate attraverso i protagonisti o concepite secondo tagli inediti, riscriveranno con autorevolezza storica una stagione cruciale della cultura figurativa nazionale.

Del resto, una peculiare qualità di Matteucci è stata quella di intrecciare professione e cultura mantenendo una specchiata identità che lo faceva apprezzare dalla comunità degli studiosi, i quai ne riconoscevano l’onestà e l’autorevolezza, e dalle

diverse istituzioni pubbliche che a lui hanno fatto spesso ricorso per consigli e progetti espositivi”.

 

FERNANDO MAZZOCCA

“In arte, come si sa, bisogna saper vedere e mi ha subito affascinato e insegnato molto la formidabile, direi innata, vocazione di conoscitore di Giuliano che, dall’alto di un’invidiabile esperienza e di una sorprendente capcità di cogliere ogni

minimo dettaglio e indizio che ci trasmette un’opera d’arte, ne eseguiva una circostanziata autopsia. Straordinaro autodidatta, si era fatto da sé, senza una formazione accademica. Ma, e questa è stata la sua forza, aveva subito lavorato sul campo,

dialogando con i grandi esperti e galleristi del secondo dopoguerra, come nel caso di due personaggi a loro modo mitici quali Enrico Piceni e Mario Borgiotti.

Grande mercante e grande  collezionista, ha saputo creare una struttura, l’Istituto (a lui intitolato), vero punto di riferimento per la ricchezza delle informazioni archiviate e la presenza di fondi documentari e bibliografici eccezionali.

Pensiamo solo al salvataggio e all’acquisizione dell’Archivio appartenuto a un protagonista assoluto della storia dell’arte tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del secolo successivo come Ugo Ojetti.

Grazie all’impegno di Giuliano, supportato da una validissima schiera di collaboratori, quello che ci colpisce di più nella sua parabola esistenziale, purtroppo giunta alla fine, e in quella scentifica, che sopravviverà per sempre, è una generosità sconfinata

nel mettere a disposizione degli altri il suo sapere.

Quante pubblicazioni e mostre fondamentali ha curato nella sua lunga carriera?

Ma quante mostre sarebbero state possibili senza il suo prezioso consiglio e aiuto?”

 

PAUL NICHOLLS

“Per il lavoro svolto in campa accademico, Giuliano si sarebbe meritata almeno una laurea honoris causa, un riconoscimento che gli spettava. La sua educazine artistica fu largamente affidata sia al mensile “Selezione del Reader’s Digest”,

che alla rivista “Le Muse” dalla quale prese il nome la sua galleria a Cortina d’Ampezzo. Poi, la sua passione e intelligenza lo spinsero a uno studio serio e approfondito dell’Ottocento, specie quello macchiaiolo, perché voleva capire in pieno

ciò che istintivamente attirava la sua passione.

Diventò un’autorità capace di rivendicare il ruolo del mercante anche nel campo accademico e di gestire mostre e progetti solitamente affidati a storici di fama accreditata.

Iniziò con una monografia su Ulvi Liegi, poi affrontò il catalogo ragionato di Cristiano Banti.

Il catalogo di Silvestro Lega alzò il pittore di Modigliana a un grado superiore nella scala dei macchiaioli: ora prenderà il secondo posto dopo Fattori, spodestando Signorini“.