Giovanni Segantini, Sole d’autunno
1887 

olio su tela, cm. 90×192;
firmato e datato a destra: “G. Segantini Savognino 87: Op. LXXIV”



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Venezia, aprile 1887. Ai giardini pubblici fervono i lavori di allestimento dell’edificio progettato dall’architetto Trevisonato per ospitare le quinta Esposizione Nazionale di Belle Arti. L’inaugurazione è prevista per il 2 maggio. Favretto, Nono, Ciardi e Rotta, membri del Comitato Esecutivo, si sono incontrati ripetutamente ai tavoli del caffè Florian, sotto le Procuratie Vecchie, per discutere in merito alla nomina degli altri rappresentanti della commissione che dovrà decidere sull’ammissione delle opere. Alla fine esse saranno più di cinquecento, selezionate in una rosa di artisti italiani, rappresentativi dei più svariati indirizzi artistici. Ognuno di loro ritiene che da quella vasta rassegna possa scaturire la fisionomia di una nuova arte nazionale non più divisa in scuole regionali. L’articolo 3 del regolamento, approvato il 7 luglio 1886, prevede che ciascun espositore limiti la proposta a non più di sei opere.
Incoraggiato dal proprio mercante Alberto Grubicy, anche Segantini decide di partecipare alla mostra con alcuni dipinti più recenti. Durante quella primavera egli si trova a Savognino con la moglie Bice e i quattro figli Gottardo, Alberto, Mario e Bianca. Dopo un periodo di soggiorni precari trascorsi a Milano, a Pusiano, in Brianza e a Caglio, villaggio alpino della provincia di Como, egli ha deciso di stabilirsi in quel luogo di alta montagna nei Grigioni, caratterizzato da un paesaggio austero, consono alla sua natura d’artista irruente, teso alla solitudine, ma totalmente immerso nella vita. Ai suoi occhi, la rassegna veneziana si presenta come un’opportunità per far conoscere lo sviluppo e l’intensità del suo lavoro, in un momento in cui la creatività si esprime su due registri stilistici, quello dell’impasto materico steso generosamente sulla superficie con pennellate larghe e corpose, e quello della frammentazione ottica divisionista. La scelta, anch’essa forse concordata con Grubicy, cade su un gruppo di dipinti che riassumono il primo di quei due aspetti: Alla stanga, Ritratto, Tosatura, Ave Maria e Sole d’autunno. Egli stesso ne comunica il titolo in una lettera dell’aprile 1887 inviata al Presidente del Comitato d’Esposizione composto, oltre che dal gruppo d’artisti veneziani già citati, da Carcano, Bezzi e Delleani. Il documento fa parte del carteggio conservato presso l’Archivio Storico della Biennale di Venezia (ASAC), riguardante la partecipazione di Segantini alle edizioni del 1895 e del 1897. Insieme vi sono custoditi anche autografi della moglie Bice Bugatti, del figlio Gottardo e di Alberto Grubicy. In quella lettera il pittore esprime il proprio rammarico per aver vista vanificata, causa la mancanza di uno spazio adeguato, la propria raccomandazione di procedere ad una disposizione del gruppo di quadri inviati secondo lo schema da lui stesso proposto. Disattendendo tale richiesta, egli fa osservare che “verrà distrutto il significato collettivo del mio intento artistico”. Il “progetto grafico” allegato alla missiva, costituisce per noi una testimonianza di particolare rilievo poiché, suggerendo al Comitato la disposizione delle tele, secondo un proprio “concetto” che mira a non privarle “interamente del loro significato” sì da fornire in visione una “complessiva tendenza (sua) arte”, Segantini anticipa i titoli delle opere disegnandone il rispettivo formato. La sequenza che egli suggerisce, partendo da sinistra, vede per prima la grande tela Alla stanga, seguita dal Ritratto, dalla Tosatura, dall’Ave Maria e dal Sole d’autunno. Nel “progetto” quest’ultimo figura contornato dal disegno di dodici piccoli studi per i quali ancora, egli raccomanda vivamente di evitare il frazionamento in quanto frutto di “Mio lavoro di cinque anni…”.
Punto fondamentale dell’allegato è lo schema espositivo tracciato dal pittore con il formato delle cinque tele, disposte in sequenza orizzontale sino a dare l’idea di un cinerama pittorico. Questo elemento è molto importante poiché favorisce la ricostruzione della partecipazione di Segantini alla mostra veneziana, dando un nome anche alle due opere che il catalogo elenca semplicemente come Ritratto e Sole d’autunno. Nel primo titolo, sembra del tutto probabile identificare la suggestiva immagine di Vittore Grubicy del Museo di Lipsia a cui egli aveva cominciato a lavorare sin dall’autunno del 1886; mentre nel secondo appare del tutto verosimile riconoscere la cosiddetta Vacca bianca all’abbeveratoio realizzato subito dopo, come anche aiutano a dedurre i numeri romani apposti dall’artista sulle due tele, al fine d’indicarne la sequenza cronologica (LXXIII/LXXIV). Nell’elenco dei prezzi che costituisce l’altro allegato alla lettera, il pittore indica Sole d’autunno con il doppio nome Vacca bianca, proponendolo per una somma di 14.000 lire, ovverosia 2.000 lire in più dell’Ave Maria, prezzo tuttavia notevolmente inferiore rispetto a quello di 25.000 lire formulato per Alla stanga:Prealpi. Nessun valore risulta, invece, attribuito al Ritratto di Vittore Grubicy, sicuramente in ragione del fatto che quest’opera era stata già destinata al mercante.
Citato dallo stesso artista nella lettera inviata il 29 maggio 1898 a Domenico Tumiati come il primo dipinto eseguito a Savognino quando “Incominciando a tener calcolo del colore come bellezza armonica, presi a studiare quadri d’animali, essendo il paese molto dedito alla pastorizia” (G. Segantini, op. cit., 1910, p. 104), Sole d’autunno, del quale è nota anche una versione a matita e gessi colorati realizzata nel 1890, segna una svolta nel lessico stilistico dell’artista trentino. L’abbandono del paesaggio “crepuscolare” di Fontanesi a favore di un naturalismo di origine millettiana dal tono vagamente spirituale, solitamente presente nei quadri di questo periodo, si è fatto in quella tela più marcato, arricchendosi di nuovi stimoli. Nell’uso di un modulo compositivo bidimensionale che sostiene l’intera composizione ed è funzionale ad una maggiore forza compositiva della scena, si nota un’affinità di concezione esecutiva con le contemporanee e vivaci tele di Van Gogh, con il cui fratello Segantini era stato in contatto anni prima per una sua improbabile partecipazione al Salon parigino del 1882, proposta dalla Galleria Goupil presso la quale Theo lavorava.
Anche la pennellata corposa e ispessita di materia del terreno frastagliato in primo piano che, come una sorta di leggìo aperto racconta una pagina di vita e di lavoro quotidiano alle porte del paese di Savognino, ricorda quella dell’artista olandese, se pure meno carica di tensione emotiva. Sullo sfondo che appare come interrotto a metà, senza lo spazio di un barlume di cielo, si presenta allineata la fila delle case che annunciano il centro abitato dove la donna e l’abitato sembrano diretti. Ad animare e a rendere questo Sole d’autunno una sorta di telero agreste di “cantico” ispirato all’uomo e alla natura, non è tanto l’impiego di un pennelloni un modo estraneo ai tecnicismi divisionisti quanto la tensione morale con cui l’artista riesce a ad esprimere il suo amore cosciente per la realtà naturale. E’ lo stesso Segantini a confessarlo in una lettera scritta il 28 dicembre 1889 al collega e amico Vittore Grubicy, fratello del mercante, nella quale con il candore e l’ingenuità disarmante che contraddistingue ogni sua espressione, egli ci rivela il suo testamento artistico, la poetica interiore del mondo: “A mè piace fare all’amore colle mie concessioni, carezzarle nel mio cervello, amarle nel mio quore, mal grado brucio dalla voglia di vederle riprodotte, ma mi mortifico e mi contento di prepararle un buon alloggio, in tanto le continuo a vederle cogli occhi della mente, la in quel dato ambiente, in quelle positure, con quel dato sentimento. Isomma io voglio che nel quadro non si veda la fatica poverile dell’Uomo, voglio che il quadro sia il pensiero fuso nel colore. I fiori sono fatti così… (Giovanni Segantini. Venticinque lettere, a cura di Lamberto Vitali, Vanni Scheiwiller, Milano, 1970, pp. 29-30).
E. Palminteri Matteucci, Giovanni Segantini, Sole d’Autunno – 1887 …un cantico ispirato all’uomo e alla natura, brochure di presentazione del quadro, “Le Muse” Galleria d’Arte, Cortina d’Ampezzo, 26 dicembre 2000-7 gennaio 2001



Esposizioni

Venezia, Esposizione Nazionale Artistica, 1887, p.13, n. 12; Milano, Castello Sforzesco, Esposizioni Riunite, Omaggio a Segantini, 1894, p. 18,n. 76; Pietroburgo, Esposizione Italiana di Pittura e di Scultura,1898;  Milano, Esposizione della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, La pittura Lombarda nel secolo XIX, 1900, p. 80, n. 206, (ripr.); Liverpool, Exhibition of paintings by Segantini, at the International Society, 1909; Pietroburgo, Segantini Exhibition, 1914; Roma, Esposizione Nazionale di Belle Arti nel Cinquantenario della Capitale, Prima Biennale Romana, 1921, sala 13, pp. 14, 78, n. 7, ripr; Milano, Bottega di Poesia, Esposizione Retrospettiva dell’opera di Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Vittore Grubicy de Dragon, Giuseppe Pellizza, Angelo Morbelli, 1922; Venezia, XV Biennale Internazionale d’Arte, Esposizione individuale di Giovanni Segantini, 1926, sala 3, p.23, n.9; Venezia, XVI  Biennale Internazionale d’Arte, 1928, p. 49, n. 226; Milano, Società di Belle Arti ed Esposizione Permanente, Mostra del Cinquantenario, 1934; Basilea, Kunsthaus, Giovanni Segantini Ausstelung, 1935; Parigi, Jeu de Paume, Exposition de l’art Italien des XIX et XX siècles, 1935; Como, Villa Comunale dell’Olmo, Pittori Lombardi del secondo Ottocento, 1954, p. 75, n. 64, tav. 25



Bibliografia
P. Levi, Il Primo e il Secondo Segantini, in “Rivista d’Italia”, III, Roma, novembre, 1899; L. Villari, Giovanni Segantini: Story of his life, London, 1901; F. Servaes, Giovanni Segantini: Sein Leben und sein Werk, Vienna, p. 125, n. 68, 1902; M. Montandon (William Ritter), Segantini, II, Auflage, Bielefeld, 1906, Leippzig, 1906; G. Segantini, Scritti e lettere, Torino, 1910, p. 104; G. Segantini, Giovanni Segantini: sein Leben und seine Werk, Munchen, 1913, tav. 11; G. Segantini, Giovanni Segantini: La Sua Vita e le Sue Opere. Con una prefazione di Paolo Arcari, Milano, 1917; G. Segantini, Giovanni Segantini: Sein Leben und seine Werke, Munchen, 1918; B. Segantini, Da Vienna la figlia di Giovanni Segantini lamenta il disinteresse degli Italiani per Suo Padre, in “Corriere della Sera”, a. XXXV, n. 225, Milano, 15 agosto 1920; G. Segantini, Giovanni Segantini: La Sua vita e le Sue opere, Milano, 1923; M. Montandon (William Ritter), Segantini, Bielefeld- Leipzig, 1925; C. Fornara, Parla l’erede spirituale di Segantini, in “Secolo XX”, Milano, agosto 1928; V. Costantini, Giovanni Segantini, Roma, 1930, fig. 14; G. Segantini, Giovanni Segantini e la tecnica del dipingere, in “Illustrazione del Medico”, aprile 1939, pp. 7-12; R. Roedel, Giovanni Segantini, Roma-Gubbio, 1944, p. 27; E. Somaré, La Pittura Italiana dell’Ottocento, Novara, 1944, p.37; N. Barbantini, Giovanni Segantini, Venezia, 1945, n. 7, tav. V; D. Varagnolo, Il pittore Segantini e le esposizioni veneziane, in “Ateneo Veneto” a. CXXXVI, vol. 132, nn. 7-12, luglio-dicembre 1945, p. 102; G. Nicodemi, Giovanni Segantini, Milano, 1956, p. 237, tav. 132; G. Segantini, Giovanni Segantini, Milano, 1959; L. Budigna, Giovanni Segantini, Milano, 1962, tav. 13; L. Budigna, Giovanni Segantini, in “Maestri del colore”, n. 62, Milano, 1964; T. Fiori, Archivi del Divisionismo, (raccolti ed ordinati da Teresa Fiori con un saggio introduttivo di Fortunato Bellonzi), vol. II, Roma, 1969, p. 82, fig. 335; M. C. Gozzoli, L’opera completa di Segantini (presentazione di Francesco Arcangeli), Milano, maggio 1973, p. 109, n. 277; A.P. Quinsac, Segantini, Catalogo generale, vol. II, Electa, Milano, 1982, p. 324, n. 403; A. P. Quinsac, Segantini, Cattaneo Editore, Milano, 1985, pp. 258, 880, (ripr.); A. Tiddia, Segantini e le biennali veneziane: vicende e fortune espositive, in catalogo della mostra: La vita, la natura, la morte. Disegni e dipinti, 1999, p. 57