di Fernando Mazzocca, da Il Sole 24 Ore, 22 febbraio 2015

 

 

Ricordo bene le polemiche suscitate dalle vestali dell’Impressionismo all’apertura nel 1986 del nuovo museo dedicato al secondo Ottocento installato nelle Gre d’Orsay di Parigi. Le recriminazioni riguardavano il ridimensionamento, a loro dire, degli Impressionisti,  deportati dal recinto esclusivo del Jeu de Paume e avviliti in uno spazio dove trionfavano le espressioni più detestate  del XIX secolo e in particolare l’arte accademica e pompier. Ma la cosa più fastidiosa era che quello smisurato contenitore, adattato dall’estro scenografico di Gae Aulenti, evocasse più l’idea di un grande magazzino- se non ricordo male venne usata la definizione di supermercato dell’arte – che non di museo. E gli si decretò persino una vita breve.

Così non è stato. Sono passati quasi trent’anni e il Musée d’Orsay è diventato uno dei simboli di Parigi ed è uno dei più attrattivi musei del mondo, premiato da un continuo aumento di visitatori, circa tre milioni e mezzo ogni anno negli ultimi anni, e ormai ottanta milioni dalla sua apertura.

Una svolta decisiva si è verificata a partire dal 2008, quando Guy Cogeval ha preso la guida della grande macchina, spingendola verso traguardi sempre più ambiziosi. Il riordino degli ultimi anni ha ampliatoe mutato profondamente il percorso del museo, ora assai più articolato e convincente rispetto all’impostazione iniziale. Una lungimirante politica di grandi mostre, almeno due in contemporanea ogni stagione, ha inserito il d’Orsay in un formidabile circuito internazionale.

Da quando Cogeval ha preso le redini del museo c’è stato poi uno straordinario incremento delle collezioni (documentato da una recente mostra) che ha visto l’acquisizione di più di 4mila pezzi, tra pitture, sculture, oggetti di arti decorative, tessuti, grafica, fotografie e fondi documentari.

Ma come è stato possibile un tale arricchimento? Un punto sicuro di partenza è un discreto budget annuale che corrisponde al 16% degli ingressi ai musei d’Orsay e dell’Orangerie, e dunque si aggira sui tre milioni di euro.  Pochi per comprare dipinti significativi degli Impressionisti, di cui del resto il museo è piuttosto fornito, ma non affatto male  per acquistare anche artisti di un certo rilievo e quelle testimonianze, nel vasto ambito della decorazione, della grafica, e della fotografia, essenziali per completare certi settori delle raccolte.

Va comunque detto che, oltre agli acquisti diretti, il patrimonio è stato incrementato grazie alle donazioni di associazioni come la Sociétés d’Amis des musées d’Orsay e de l’Orangerie, o quelle di privati, e grazie alle dations, le cessioni in cambio di agevolazioni fiscali. Non ultimo, un ulteriore arricchimento è venuto dal rientro di opere che erano state date intorno al 1900 in deposito esterno a enti e uffici pubblici. Si tratta spesso di dipinti accademici o realisti di grande formato, presenti già negli anni Cinquanta dell’Ottocento al Muséè du Luxembourg, ora divenuti essenziali per ricostituire la collezione storica, quella d’origine, e per definire meglio la fisionomia di certe sezioni del rinnovato percorso permanente.

L’arte accademica rappresenta la parte più vistosa di questo incremento. Pensiamo solo ai tre grandi e stupefacenti dipinti di Bouguereau ( L’Assaut, Dante et Virgile, Égalité devant la mort) entrati come dation nel 2010.

I pregiudizi sono crollati e così dobbiamo “rassegnarci” anche alla celebrazione di Gérôme e alla “famigerata” pittura di Tissot. Ma, grazie a prezzi di mercato ancora abbordabili, ci si ritrova una formidabile parata di Nabis, come Bonnard, Vuillard, Maurice Denis, Valloton di cui sono stati acquisiti autentici capolavori. Sempre in questo ambito non bisogna dimenticare la sconvolgente La Sorcière au chat noir di Ranson.

A noi fa particolarmente piacere l’interesse per l’arte italiana, documentata da diverse importanti acquisizioni di opere dei maggiori protagonisti del Liberty, come Carlo Bugatti e Eugenio Quarti. Ma ci sono anche Boldini e Wildt, l’artista milanese al quale il Museo d’Orsay dedicherà in primavera una grande mostra ospitata all’Orangerie.