Giacomo Favretto, Ingresso in una casa patrizia in Venezia
1874 

olio su tavola, cm 41×28
firmato e datato in basso a destra: “G. Favretto 74”


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Un gruppo di popolane, una donna, un ragazzino, guardano perplessi un’elegante signora protetta dal parasole in attesa di varcare il portone di un palazzo patrizio, che con la sua mole, chiude la calle in tutta la larghezza.

Il sole s’infiltra nell’angustia della via, e sotto il suo effetto risaltano la figuretta snella della visitatrice, gli steli delle piante selvatiche cresciute fra i muri sbreccati, il volto di pietra, terrifico guardiano dell’ingresso.

Tutto il resto è avvolto in un’ombra leggera; solo la silhouette del bambino di spalle si profila in controluce, a definire la spazialità della scena, e ad un tempo infondervi una vaga sensazione sospensiva. Il severo impianto compositivo, concepito come una scatola ottica, che prende luce dall’alto e di scorcio, permette all’artista di creare un prezioso gioco di scansioni chiaroscurali, assai vicino nell’invenzione ai Preparativi di Federico Zandomeneghi, esposto a Milano nel 1873.

L’assonanza fra i due dipinti è tale da chiarire quanto importante sia stato per Favretto la frequentazione del compagno più adulto, tornato a Venezia ricco dell’esperienza macchiaiola.

Se, infatti, all’origine dell’elaborazione di tutt’e due i quadri c’era il “realismo […] luministicamente allucinato” di un’opera quale L’incoraggiamento al vizio di Michele Cammarano, esempio imprescindibile per il rinnovamento del linguaggio figurativo sul finire degli anni sessanta a Venezia (Biancale, Michele Cammarano, s.d. ma 1936, p. 54), è pur vero che l’uso sapiente della luce in funzione pittorica, il tenore pacato e solenne del tema moderno che distinguono questo Ingresso di una casa patrizia, sono indicativi di come il pittore avesse fatto sua, tramite personalissime interpretazioni, la lezione mediata da Zandomeneghi.
Il quadro testimonia di una fase delicata della ricerca di Favretto che già l’anno precedente aveva abbandonato la bicromia nera e bruna, e attenuato i contrasti luministici desunti da Cammarano a favore di una luce più quieta, rimeditata – si direbbe — sui quadri d’interno della Restaurazione; si pensi, ad esempio, a La moglie gelosa, esposta a Milano nel 1873, che, come è stato notato di recente, richiama alla mente L’atelier d’Ingres à Rome, di Jean Alaux, pervaso però, di un’inquietudine tutta moderna che lo accomuna alla Famiglia Guidini (F. Millozzi, Giacomo Favretto, in Il Secolo dell’Impero. Principi, artisti e borghesia 1815-1915, cat. della mostra (Trento), Milano, 2004, pp. 347-348).

Proprio come nella Moglie gelosa, fra l’altro, anche nel nostro dipinto una figura di donna si sporge, curiosa, a osservare la scena, il volto profilato sul muro luminoso, in un caso, sullo stipite scuro della porta, nell’altro (Perocco-Trevisan, op. cit.).

Con Ingresso in una casa patrizia, dove le ombre impallidiscono, filtrate da un’intonazione luministica in chiaro, e i colori assumono valore narrativo, Favretto mette finalmente a punto in nuovo linguaggio, avvio a future, fruttuose evoluzioni della sua arte.

Silvestra Bietoletti in catalogo della mostra Modenantiquaria Padiglione Excelsior-Palazzo Guidobono, Venezia prima della Biennale. La pittura veneta dall’unità d’Italia al 1895 nelle collezioni private, Modena, 19-27 febbraio, 6-28 marzo 2005, pp. 38-39, n. 16



Esposizioni

Regia Accademia di Belle Arti, Esposizione delle Opere di Belle Arti nel Palazzo di Brera, anno 1873, Milano, p. 25, n. 230; Mostra di Belle Arti per il Centenario Ariosteo, Ferrara; Elenco degli oggetti esposti nelle sale della Società durante l’anno 1875, Venezia, p. 32, n. 155; Ala Napoleonica- Museo Correr, Mostra di Pittori veneziani dell’Ottocento, Venezia, 32 maggio-1 luglio 1962, p. 16, n. 28; Ausstellung im niederösterreichischen Landesmuseum, Venezianische Malerei um 1900, Vienna, 14 novembre-15 dicembre 1964, n. 12; Modenantiquaria Padiglione Excelsior-Palazzo Guidobono, Venezia prima della Biennale. La pittura veneta dall’unità d’Italia al 1895 nelle collezioni private, Modena, 19-27 febbraio, 6-28 marzo 2005, n. 16.



Bibliografia
E. Somaré, Favretto, Verona, 1933, p. 218; G. Nicodemi, I grandi pittori dell’ottocento italiano, Milano, 1961, p. 164, tav. LXXI; G. Perocco, Il verismo dell’Ottocento a Venezia, in “Arte figurativa”, a. X, n. 57, Milano, maggio-giugno 1933, p. 7; Catalogo Bolaffi della pittura italiana dell’Ottocento, n. 1, Torino, 1964, p. 166 (ripr.); G. Perocco-R. Trevisan, Giacomo Favretto, Torino, 1986, p. 57, fig. 22; R. Trevisan, Giacomo Favretto 1849-1887, Scorzè, 1999, p. 84; G. Pavanello, Venezia dall’età neoclassica alla “scuola del vero”, in La pittura nel Veneto. L’Ottocento, tomo primo, pp. 71, 81, tav. 124; S. Bietoletti, in catalogo della mostra (Modena, 2005), pp. 38-39.