Carlo Fornara, Mattinata sulle Alpi o Pascolo di alta montagna 

olio su tela, cm. 89×180
firmato in basso a destra: “C. Fornara”



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La poetica divisionista di Fornara, che Boccioni definisce pittore “tutto analisi visiva”, trova un’espressione perfetta ed eloquente nel quadro Mattinata sulle Alpi. La storia di questo celebre dipinto è in gran parte nota; acquistato dalla Edison, probabilmente intorno agli anni Trenta, insieme a Campanile ed Ultimi pascoli, anch’essi del pittore ossolano, fece parte di un nucleo di opere che, analizzate da Nicodemi nel catalogo pubblicato nel 1949 e passate sul mercato milanese a metà degli anni Novanta, costituiscono, ancora oggi, una significativa testimonianza dell’importanza del patrimonio artistico appartenuto a quella società, la cui quadreria annoverava molti degli artisti più in vista del panorama italiano tra Ottocento e Novecento: Delleani, Gola, Cammarano, Lojacono, Mosè Bianchi, Mancini, Filippo Palizzi, Morelli, Previati.
La cronologia del quadro resta, invece, per molti aspetti ancora controversa, sebbene Raffaele Calzini, nel primo contributo sull’opera di Fornara, l’abbia circoscritta al 1911, forse su suggerimento dell’artista stesso che, come ricorda Franco Vercelotti in un articolo apparso nel giugno 1990 sul periodico «Eco Risveglio Ossolano», era stato d’aiuto prezioso “nella scelta delle opere e nel datarle”. Tale datazione, mai più messa in discussione, viene riproposta in maniera piana negli interventi successivi, compresa la monografia che ancora Vercelotti, coadiuvato da Marco Valsecchi, dedica nel 1971 all’artista, in occasione del centenario della nascita.
A tutt’oggi si conserva però una dichiarazione di Fornara, il quale, in una pagina delle Brevi memorie, annota: “Durante l’estate del 1903 e nei successivi 1904 e 1905 portai la mia dimora sull’alta montagna condividendo la vita rude dei pastori. Lassù dipinsi Fontanalba, Sera, Mattinata sulle Alpi, Laghetto alpino” (cfr. “Convivium” op. cit.).
Questa testimonianza getterebbe nuova luce sulla genesi dell’opera, collocandola nella fervida stagione in cui il segno divisionista giunge a maturazione e si esplica in capolavori quali: Da una leggenda alpina, L’aquilone, Sera in montagna, Ottobre sui monti, che decretarono l’affermazione del pittore alle grandi mostre internazionali.
Tale ipotesi è ulteriormente avvalorata dal taglio e dalle dimensioni della tela oltre che da una serie di affinità stilistiche ed iconografiche, legate soprattutto alla morfologia del paesaggio rappresentato, al colore del cielo ed alla disposizione degli elementi nello spazio, che contribuiscono ad avvicinare il nostro dipinto al corpus delle tele eseguite “lassù”, intorno a Fontanalba.
Allo stesso arco cronologico rimanda inoltre un pastello, noto come Nostalgia, datato dalla critica al 1906, in cui si potrebbe ravvisare, nella mucca in primo piano, uno studio per un particolare del nostro quadro.
Se consideriamo, inoltre, che Fornara soleva stare a lungo su una stessa opera, anche per diversi mesi, ed amava ritornarvi, a costo di ricomprarla o farsela prestare dall’acquirente, dopo diversi anni o come afferma il critico Giovanni Bertacchi a “ritmi di stagioni, perché ogni ripresa abbia la freschezza ingenua e primitiva d’un ispirazione novella”, è lecito ipotizzare che la nostra tela abbia visto la luce durante l’estate del 1903 o nei successivi 1904 e 1905 ma che la sua elaborazione si sia protratta molto più oltre.
Il pittore potrebbe così essere ritornato sulla tela intorno al 1911, o immediatamente prima del suo viaggio in Sud America, come sembra attestare una foto che lo vede ritratto di fronte al quadro montato sul cavalletto, con uno stato d’animo, però, “insolito e poco favorevole alle visioni d’arte”, come lui stesso afferma in una lettera inviata a Grubicy, il 19 gennaio del 1912 da Paysandù, un villaggio dell’Uruguay, dove si era recato per liquidare una successione testamentaria o, come ci piace immaginare, proprio al termine di quell’esperienza.
Si tratta di un’opera paradigmatica, di un punto fermo nel percorso artistico di Fornara, dal momento che in essa si fondono, sintetizzandosi, tutti gli elementi della sua poetica paesaggistica.
Nel pieno della maturità qui, più che in Fontanalba dove è proposto, in maniera più dettagliata, lo stesso scenario iconografico, l’artista, allontanando il punto d’osservazione e riducendo al minimo i particolari rappresentati, riesce a raggiungere quello che già vagheggiava sulle pagine del suo taccuino, il 13 luglio 1891 “Un paesaggio che aduna tutte le sensazioni poetiche: è quello che sempre ho sentito io. Semplice, creato, composto da me”. Come avviene in molte altre opere, il paesaggio di Mattinata sulle Alpi, pur non essendo rapportabile a nessun luogo reale, conserva tutto il sapore del romito alpeggio estivo vigezzino, posto fra anfratti impervi, sul confine della svizzera valle Onsernone, immerso in una scena povera, severa e triste, variata solo qua e là da casere, pozze d’acqua e laghetti.
In questa vasta tela nata a diretto contatto con i luoghi a lui più cari e, probabilmente, ripresa sotto il flusso dei ricordi delle distese sterminate, solcate dal Rio Uruguay dove il pittore, trasfigurando la realtà con l’ausilio della memoria, affermava di non aver mai sentito “tutto il fascino delle cime gelate sotto ai cieli purissimi come stando in questo paese schiacciato da cieli torbidi d’ardesia”, torna insistente il richiamo sentimentale della valle natía commisto alla suggestione di terre lontane.
La grande tranquillità delle linee, ampie ed orizzontali, l’atmosfera di luce diffusa, l’evidenza plastica dell’animale in primo piano, dei massi e delle cime sullo sfondo, di cui è sottolineata l’essenzialità volumetrica, sintetizzata in forme perfettamente conchiuse, e l’accentuata orizzontalità, derivata dall’assenza quasi totale della prospettiva, conferiscono all’immagine un senso estremamente semplice, quasi d’archetipo, e contribuiscono a rendere l’atmosfera silente di una natura sospesa al di là del tempo e dello spazio. La montagna incantata diviene allora espressione di “una bellezza di purità classica” ed assurge a scenario mistico dove da sempre, invariato, sembra rinnovarsi ogni giorno il mistero di una religiosità panica, primitiva.
Quadri come questo, dove la realtà viene alterata e ricomposta, sommando elementi desunti da luoghi diversi e l’uno all’altro lontani, contribuiscono a far luce sulle ricerche fornariane d’inizio secolo e, distinguendo sempre di più l’artista dai veristi a lui contemporanei, rendono giustizia alla sua posizione originale, dopo la grande svolta “segantiniana”, nell’ambito del movimento divisionista.
Per Fornara, infatti, la luce non assume mai, come per gli altri esponenti del gruppo, la valenza del colore; è il colore il suo problema più grande in tutta la fisicità, materialità e corposità che gli è propria. Da ciò l’attenzione al colore luminoso inteso sia come materia che, postimpressionisticamente come veicolo capace di rappresentare la realtà e di esprimere sulla tela i sentimenti e le sensazioni; un divisionismo, dunque, che potremmo definire “filamentoso”, come strumentazione tecnica in grado, da sola, di esprimere appieno il colore intriso di luce, tipico delle altitudini.
Ecco allora il tessuto cromatico di Mattinata sulle Alpi, giocato su un equilibrio perfetto tra tinte calde e fredde, tra sfumature pallide ed intense, sui toni dei verdi, dei gialli e degli azzurri cristallini, stesi in esili bande orizzontali, a piccolissimi tocchi staccati di colore puro che, come intrecciati a sottilissime pagliuzze dorate o commisti a granelli di polvere iridescente, e proporzionati alla misura del quadro, da una certa distanza, finiscono per fondersi ed amalgamarsi, raggiungendo una vibrazione ed un’intensità che le tinte piatte non hanno.
Il colore si combina così al soggetto, evocando nell’immaginario o nella memoria sensazioni derivate da paesi lontani.

F. Panconi, Carlo Fornara. La montagna incantata attraverso gli occhi di un pittore divisionista, brochure di presentazione del quadro, “Le Muse” Galleria d’Arte, Cortina d’Ampezzo, 2 agosto-2 settembre 2001

 

 


Esposizioni

Palazzo delle Albere, Carlo Fornara. Un maestro del Divisionismo, Trento, 3 dicembre 1998-29 febbraio 1999, pp. 86-87, n. 47; “Le Muse” Galleria d’Arte, La montagna incantata attraverso gli occhi di un pittore divisionista, Cortina d’Ampezzo, 2 agosto-2 settembre 2001