di Silvia Anna Barrilà, da Il Sole 24ORE 6 febbraio 2016

 

Collezionista tedesco che vive a Mialno, fondatore della Fondazione VF a Francoforte, Volker Feierabend compra solo arte italiana

Come ha iniziato?

Nel ’72 ho sposato un’italiana e per arredare la casa abbiamo acquistato 35 opere dal Cinquecento al Settecento. Pretso abbiamo scoperto che erano tutte croste. Da quel momento abbiamo deciso di comprare solo opere di contemporanei, o con una certificazione sicura.

Perché solo italiani?

Lavoravo con l’Italia quindi ho deciso di dedicarmi all’arte italiana per restituire qualcosa   a questo paese. Ho venduto Kandinsky, Chagall e Mirò e ho iniziato a comprare il primo Novecento. Intorno agli anni ’80 i prezzi sono cresciuti tanto che mi sono rivolto al dopoguerra. Tuttora compro dal Futurismo ad oggi.

Quante opere ha?

Duemilasettecento. La maggior parte sono nei musei: più di mille al Mart, altre al Museo del Novecento e altre nei musei tedeschi.

Lei è coetaneo degli autori della Pittura Analitica, quando l’ha scoperta?

Negli anni ’90. Devo ringraziare un gallerista di Bergamo, Stefano Fumagalli, che aveva questi artisti sotto contratto e mi ha portato da loro. Allora non avevano molto mercato.

Quali erano i prezzi?

Si basavano sulle dimensioni delle opere moltiplicate per il coefficiente di ogni artista. Si aggiravano tra 4 e 6 milioni di lire.

Che cos’è per lei la Pittura Analitica?

Quello che mi affascina è che quando si guarda un quadro di Claudio Olivieri, per esempio, in un primo momento sembra una tela monocroma nera o blu. Ci vuole almeno un minuto prima che si cristallizzi l’immagine. E’ un esercizio di meditazione.

Quali artisti ha in collezione della Pittura Analitica?

Non si è trattato di un movimento, ma di artisti che dipingevano alla stessa maniera, per cui oggi vengono inclusi nella Pittura Analitica artisti che allora non hanno esposto con gli altri. Detto questo, un artista che ammiro è Vincenzo Satta, purtroppo dimenticato, così come Sergio Sermidi. Ammiro anche Giorgio Griffa, il cui valore è invece riconosciuto, e Gianfranco Zappettini.

E’ un’arte sottovalutata?

Si, perchè non è facile da capire e richiede una lunga osservazione per dischiudersi allo spettatore.

Qual’è la tendenza?

L’interesse è cresciuto molto negli ultimi anni da quando le gallerie hanno cominciato a ritirare fuori questi artisti. Per esempio lo ha fatto Primo Marella.

Dove si trovano le sue opere di Pittura Analitica?

Tutte al Mart. E’ in programma una grande mostra sul tema.

Che contratto ha con il Mart?

Un prestito di 30 anni. L’avrei voluto più lungo, ma in Europa non si può. C’è anche un De Chirico del 1912 per cui un gallerista di Lo Angeles mi ha offerto 12 milioni e altri due al museo per uscire dal contratto. Il Mart chiaramente ha rifiutato.

Altre opere importanti?

«Beethoven» di Casorati. Quando mi venne offerto vidi anche «Le figlie di Loth» di Carrà. Avevano lo stesso prezzo, 300 milioni di lire. Ne potevo comprare solo una, ma le comprai tutte e due. Mi hanno offerto 15 milioni di euro per il Casorati, ma è al Mart e non lo vendo.

Qual’è il suo periodo preferito?

Il mercato del primo Novecento al momento è a terra. Opere di De Pisis che nei primi anni 2000 costavano 100.000-150.000 euro, ora sono a 20.000 euro. Sironi era così caro, oggi non lo vuole nessuno. Io vado in controtendenza e acquisto proprio solo Novecento.