Soffici Ardengo (1879-1964). Biografia. Quadri in vendita.

Soffici-Ardengo-quadri-in-venditaArdengo Soffici nacque a Rignano sull’Arno nel 1879.

Trascorse l’infanzia a Bombone e, da sempre appassionato di arte e letteratura, si divertiva a dipingere e a scrivere versi e poesie.

Nel 1893, si trasferì con la famiglia a Firenze.

La morte del padre, avvenuta poco dopo,  lo costrinse ad impiegarsi presso un avvocato come «giovane di studio».

Furono anni difficili per l’artista anche se non abbandonò la sua naturale vocazione.

Due anni più tardi si iscrisse all’Accademia di Belle Arti fiorentina e poi alla Scuola del Nudo dove erano maestri Giovanni Fattori e Telemaco Signorini.

Qui potè conoscere Giovanni Costetti, Armando Spadini, Giuseppe Graziosi, Umberto Brunelleschi, Valmore Gemignani e Cesare Vinzio.

In quello stesso periodo partecipò alla creazione di un giornale letterario La Fiamma di cui uscirono solamente tre numeri.

La lettura di Flaubert, Baudelaire e Verlaine fecero nascere in lui il desiderio di visitare la Francia.

Nel novembre del 1900 si recò, dunque, a Parigi con Costetti e Brunelleschi rimanendovi per sette anni.

 Si mantenne vendendo ai giornali francesi disegni umoristici e nel frattempo visitava il Louvre e gli altri musei francesi per arricchire le proprie conoscenze.

Qui entrò in contatto con Picasso, Apollinaire e i poeti Simbolisti.

Rientrato da Parigi nel 1903 conobbe Giovanni Papini, direttore della rivista Leonardo.

Con lui e Prezzolini fondò La Voce, rivista  di rinnovamento culturale e civile.

Di qualche anno più tardi è la rivista  futurista Lacerba creata con Papini.

Risalgono a questo periodo Ignoto toscano, Arlecchino, L’Impressionismo, Chimismi lirici e altri libri d’arte e di critica.

Nel 1913 promosse a Firenze la prima mostra futurista presentando un discreto numero di opere.

Impegnato poi nel primo conflitto mondiale, lasciò una testimonianza in Kobilec-Giornale di Guerra (1918) e Ritirata nel Friuli (1919).

Questi sono considerati dalla critica i libri di guerra più suggestivi.

Sono note le sue collaborazioni al Corriere della Sera e a Il Popolo d’Italia una volta terminato il conflitto mondiale.

Nel 1920 fondò una nuovo foglio chiamato “Rete Mediterranea” attraverso il quale diffuse la propria idea di pittura.

Partecipò alla Biennale di Venezia e nel 1923-’24 lavorò a Roma nella redazione del quotidiano Nuovo paese, organo del partito di Mussolini.

Fermamente convinto degli ideali fascisti firmò nel 1925 il Manifesto degli intellettuali fascisti.

Nel ‘28 pubblicò una raccolta di scritti sull’arte dal titolo: Periplo dell’arte- Richiamo all’ordine.

Aderì al movimento di Novecento esponendo alla I e alla II Mostra a Milano ed a quella del ‘30 a Buenos Aires.

Negli anni Trenta alternò l’attività di scrittore con quella di pittore partecipando a numerose rassegne, tra le quali le Biennali veneziane, dove espose nel 1934 e nel ‘36.

Nel 1938 comparì nel manifesto, firmato da molti intellettuali, che appoggiava le leggi razziali appena emanate.

Risale al 1943 la rivista pubblicata insieme a Barna Occhini dove  manifestò il carattere sociale del fascismo e la fedeltà ai tedeschi.

Dopo la guerra fu internato per collaborazionismo vicino a Terni insieme a Occhini.

Tornato a Poggio nel 1946 riprese a scrivere e dipingere.

Vinse il Premio Marzotto nel 1955 per la pubblicazione dell’opera Autoritratto di artista italiano del suo tempo.

Ardengo Soffici morì  il 19 agosto del 1964 nella sua casa di Vittoria Apuana.


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