Lorenzo Viani, Sposalizio
1913-1914 

olio su cartone, cm 69×95,5
firmato in basso a destra: “L.Viani”



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Olio tre colori: verde, bianco e nero. Con queste tinte essenziali Viani offre del matrimonio la propria visione grottesca, costruendo una scena dalle drammatiche tinte ibseniane. In una luce da incubo, gli sposi, due manichini inerti, recitano un ruolo assurdo, in una situazione improbabile, preconizzatrice di un destino in cui sono vittime e, al tempo stesso, colpevoli.
Non più apparso in pubblico da che venne presentato alla grande monografia milanese del 1915, il dipinto sembra certo rientrare nel novero di quei cento che costituirono il positivo bilancio commerciale della trasferta dell’artista nel capoluogo lombardo. L’evento, che suggella una carriera in ascesa divisa tra la pittura, la scrittura e l’impegno politico, costruita in questi primi tre lustri del Novecento giorno dopo giorno, rappresenta per Viani una salutare e rigenerante boccata d’ossigeno, dopo il coinvolgimento negli scontri del 15 febbraio durante il comizio di Cesare Battisti al Politeama di Viareggio. “Spero che tu abbia potuto leggere i giornali di Milano che tutti hanno riconosciuto, la potenza dell’opera mia – scrive al fratello Mariano (1880-1959) ad inaugurazione avvenuta – (…). La prefazione di Leonardo Bistolfi, è un capo lavoro basterebbero quelle note sobrie a creare l’immortalità di un uomo (…). L’esposizione è cominciata assai bene anche come vendite. Il maestro Toscanini ha comprato due cartoni – così pure il redattore capo del Corriere della Sera – il presidente della Famiglia Artistica ecc. All’inaugurazione vi era tutta Milano intellettuale da Gaetano previati a Vittore Grubicy – il pittore e critico che rivelò al mondo Giovanni Segantini e Tranquillo Cremona. Il presidente dell’Istituto di Belle Arti -della famiglia Artistica della Leonardo. Vittorio Pica e tutti i critici dei più noti giornali di qui e fuori (…). L’esposizione è continuamente visitata da centinaia di persone (…)” (Cardelli Signorini, 1978, p. 320, doc. 59).

L’originalità dello Sposalizio, nella spietata sequenza documentario-didascalica, non sfuggì a Margherita Sarfatti che, nel 1929, acutamente vi colse l’humor grottesco di una paradossale saga famigliare unito ad un velato atteggiamento polemico e dissacrante nei confronti del conformismo borghese: “…la sposa tutta candore e capelli biondi, lo sposo tutto sparato e rigidezza, e i parenti ritti impalati di qua e di là, come una sfilzata di tordi su d’un invisibile spiedo. Si direbbe la enorme goffaggine geniale d’un Henri Rousseau: il pittore-doganiere francese, senonché al posto di quei colori cupi ed opachi da Joseph Prudhomme, ironista inconsapevole, d’un mondo in cui crede con stolida buona fede, la satira è qui sottolineata da una sfarfallio di tinte vive e brillanti, leggere e briose come l’impertinente trillar di note di uno scherzo musicale”. Databile intorno al 1913-’14, il quadro rientra nel filone di un’iconografia ispirata a temi tratti dal “teatro della vita” nel quale ben si colloca anche la Veglia funebre, affine, oltre che nella vena mordace e dissacrante, nell’espressione di una cultura figurativa che da Goya è andata aggiornandosi attraverso la meditazione sull’opera di Zuloaga e Picasso.
R. Viale, scheda in catalogo della mostra Lorenzo Viani. La collezione Bargellini e altre testimonianze, Firenze-Viareggio, 2009, n. 14.

 


Esposizioni

Palazzo delle Aste, Esposizione personale delle opere del pittore Lorenzo Viani, p. 14, n. 28, Milano, 1915; Sala delle Colonne Ente Cassa di Risparmio di Firenze – Galleria di Arte Moderna e Contemporanea “Lorenzo Viani”, Lorenzo Viani. La collezione Bargellini e altre testimonianze, Firenze-Viareggio, 2009, pp. 68-69, n. 14


Bibliografia

L. Bistolfi, Introduzione alla Esposizione personale delle opere del pittore Lorenzo Viani, p. 4, 1915; M. Sarfatti, Esame critico della mostra personale del pittore Lorenzo Viani, in cat. della mostra (Milano), p. 7, Alfieri&Lacroix, Milano, 1929