Alfredo Müller foto

Müller Alfredo (1869-1939). Biografia. Quadri in vendita.

1908 Alfredo Müller immagine
Alfredo Müller nacque nel 1869 a Livorno.

Crebbe in un ambiente colto ed agiato e, dal 1882, seguì, verosimilmente come allievo esterno, i corsi di Giuseppe Ciaranfi e Michele Gordigiani.

Quest'ultimo era allora titolare della cattedra di Disegno e Figura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze.

Nel 1886 partecipò alla I Esposizione di Belle Arti di Livorno con Fattori, Lega e i fratelli Tommasi.

Nel 1888, a seguito di gravi dissesti finanziari, la famiglia si trasferì a Parigi.

Qui Müller  frequentò gli studi di Francois Flameng e Carolus-Duran: ciò significò per lui aprirsi le porte dei Salon e dell'ufficialità.

L’anno successivo partecipò alla Promotrice fiorentina con il dipinto Interno.

In questa opera   era già evidente l’influenza della pittura francese di fine secolo, stimolo sufficiente per superare l’impostazione accademica ed assimilare l’esempio della pittura en plein air di Monet e Pissarro.

Tra il 1890 ed il '95 visse a Firenze e Livorno, alternando frequenti soggiorni a Torre del Lago.

Espose nel frattempo  alla Società Promotrice di Firenze dipinti di chiara matrice impressionista, utilizzando la tecnica divisa, a piccoli tratti di colore.

Divenuto rapidamente un punto di riferimento per le nuove generazioni di artisti tra cui NomelliniBanti e Cappiello, si trasferì nel 1895 con la famiglia a Parigi e prese parte regolarmente alle esposizioni ufficiali.

Müller affiancò l’attività di pittore a quella di incisore e di cartellonista.

Collaborò infatti  con illustri riviste come la “Revue Blanche”.

Sebbene le opere del periodo parigino siano di difficile reperimento, l’attività  di quegli anni fu regolare.

Nel 1898 espose infatti  per la prima volta alla Galerie Vollard presentando trenta opere tra olii, disegni e acqueforti.

Quattro anni dopo  figurò con cinque opere grafiche alla Prima Esposizione Internazionale di “Bianco e Nero” organizzata dalla Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma.

Contemporaneamente partecipò alla vita artistica parigina esponendo al Salon d’Automne nel 1904 e quattro anni dopo alla Galerie Rosenberg con una personale.

Nel 1914, dopo lo scoppio della I Guerra Mondiale, con la moglie si stabilì nuovamente in Toscana.

I paesaggi e le vedute, presentate in occasione della Prima Esposizione Invernale toscana del 1914, si caratterizzarono per la profonda assimilazione del linguaggio di Cézanne.

Con la serie Arlecchinate, destinate al Teatro Manzoni di Milano, Müller si avvicinò al gusto Decò manifestando un crescente interesse per l’arte decorativa che si concretizzò con la partecipazione alla I Mostra Biennale delle Arti Decorative.

Nel 1922, presso la Galleria Pesaro di Milano, si tenne una mostra personale con oltre 100 opere esemplificative del lungo percorso artistico del pittore.

Nei primi anni Trenta rientrò in Francia.

Da quel momento non risultano ulteriori partecipazioni a manifestazioni pubbliche.

Alfredo  Müller morì a Parigi nel 1939 per un attacco cardiaco.

 


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Angelo-Morbelli-autoritratto

Morbelli Angelo (1853-1919). Biografia. Quadri in vendita.

Angelo-Morbelli-vendita-quadri-divisionisti

Angelo Morbelli nacque nel 1853 ad Alessandria  da famiglia benestante.

Sebbene le sue intenzioni fossero quelle di dedicarsi alla musica, un precoce e  progressivo abbassamento dell’udito lo consacrò definitivamente alla pittura.

Per volere dei genitori fu avviato allo studio del disegno grazie ad un pittore locale.

All’età di 14 anni grazie ad una borsa di studio ottenuta dal Comune di Alessandria potè trasferirsi a Milano e studiare all’Accademia di Brera sotto la guida di Giuseppe Bertini, Raffaele Casnedi e Luigi Riccardi. .

Qui fece la conoscenza di Francesco Filippini, Eugenio Gignous, Gaetano Previati, Giovanni Segantini, Cesare Tallone, Achille Tominetti, Emilio Longoni e Giovanni Sottocornola.

Gli anni accademici rappresentarono per lui un periodo colmo di riconoscimenti e soddisfazioni personali.

Vinse infatti due medaglie di bronzo per il paesaggio nel 1871 e 1872; la medaglia d’argento per la copia della statua sempre nel 1872 e ottenne poi la menzione onorevole della Scuola di nudo l’anno successivo.

Nel 1874, con l’aiuto del maestro Bertini, partecipò per la prima volta all’annuale rassegna braidense con il dipinto Interno del coro del monastero Maggiore in Milano.

Esordì alla Promotrice delle Belle Arti di Torino nel 1879 con i dipinti Lezione meritata e Sito remoto nel giardino.

Qui tornerà anche nel 1892,1896 e 1912.

Dal 1880 rivolse l'attenzione al vero e alle questioni sociali, con particolare attenzione alla vecchiaia e alla solitudine (Giorni ultimi, 1883, Milano, Galleria d’Arte Moderna; Il Viatico, 1889, Milano, Museo di Milano).

Nel 1883 strinse amicizia con i mercanti Vittore ed Alberto Grubicy De Dragon che gli acquistarono alcune opere e lo inserirono tra gli artisti della loro galleria presenti all’Italian Exhbition di Londra nel 1888.

Sette anni dopo  il dipinto Il Viatico , esposto alla Società Amatori e Cultori di Roma, vinse la medaglia d’oro e nello stesso anno il pittore ricevette  l’onorificenza di cavaliere.

L'anno successivo  inviò alla Triennale di Brera due opere: Parlatorio del luogo Pio Trivulzio e Alba. Quest’ultima opera, acquistata dal Museo di Barcellona è la prima in cui il pittore alessandrino applicò la tecnica divisionista.

Contemporaneamente alla conversione divisionista, si accentuò l’interesse umano e pittorico per i vecchi ricoverati negli ospizi di carità, ai quali si era già accostato con Il Viatico.

D’altro canto anche per l' insanabile sordità era portato  a prediligere gli ambienti silenziosi e malconci degli ospizi.

Tra il 1902 e il 1903 allestì uno studio nei locali del Pio Albergo Trivulzio dove realizzò una serie di dipinti che registravano situazioni, ambienti e reazioni umane instauratesi all’interno dell’ospizio.  (Il Poema della vecchiaia, 1903, esposto alla Biennale di Venezia; Il Natale dei rimasti, Venezia, Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro).

Nel 1905 vinse la medaglia d’oro alla Internationale Kunstausstellung di Monaco con il quadro Vecchie calzette.

Nell’ultima fase produttiva,  Angelo Morbelli si dedicò soprattutto allo studio del paesaggio e al tema della ballerina.

Dal 1912 iniziò la stesura , in forma di diario privato, di La Via Crucis del Divisionismo, in cui annotò una serie di riflessioni sulla tecnica divisionista accompagnata da commenti relativi alla metodologia e trascrizioni di frasi e pensieri di artisti, scrittori e musicisti celebri.

Nel 1913 espose alla Società Amatori e Cultori di Roma il dipinto Angolo di giardino  che ritrae uno scorcio della sua proprietà alla Colma.

Angelo Morbelli morì a Milano nel 1919.

 

 

 


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Antonio-Mancini-autoritratto

Mancini Antonio (1852-1930). Biografia. Quadri in vendita.

Antonio-Mancini-vendita-quadri-napoletaniAntonio Mancini nacque a Roma nel 1852.

Trasferitosi a Napoli, dopo aver lavorato fin da giovanissimo presso un decoratore, si iscrisse all’Accademia seguendo i corsi di Morelli, Postiglione e Maldarelli.

La dote artistica è già chiara nelle opere accademiche di quegli anni (Testa di bambina, 1867, Napoli, Museo di Capodimonte; Il prevetariello, 1870, Napoli, Museo di San Martino).

Seguendo l’esempio dello scultore Lista e del pittore Gemito, si discostò dai temi accademici per riprodurre scene di vita popolare napoletana animate da scugnizzi.

Con Ultimo sonno e Fanciullo che va alla scuola, entrambi del 1872, presentati al Salon di Parigi, s’impose all’attenzione internazionale.

Riuscì così ad  entrare nella scuderia del mercante d’arte Goupil assicurandosi due importanti mecenati : il pittore olandese H. W. Mesdag e il musicista belga Albert Cahen.

Grazie a quest’ultimo visitò Venezia (Dopo il duello, 1872, Torino, Galleria d’Arte Moderna) e poi Milano, dove espose due opere di piccole dimensioni.

I numerosi soggiorni a Parigi, tra il 1875 e il '78 (Le petit écolier, 1876, Parigi, Museo d’Orsay), gli permisero di entrare in contatto non solo con  de Nittis e Boldini, ma anche con artisti indigeni, quali Meissonier e Gérôme.

Non avendo ottenuto il successo sperato, rientrò nel 1878 a Napoli.

Qui  le crisi nervose sempre più frequenti lo costrinsero a un ricovero in manicomio per alcuni mesi.

Neppure in questo periodo smise di dipingere, prediligendo i ritratti (Ritratto del dottor Buonomo, Ritratto del dottor Cera).

Dimesso e aiutato economicamente dal barone Carlo Chiarandà, si trasferì a Roma trovando nel marchese Giorgio Capranica del Grillo un nuovo ammiratore e mecenate.

Qui dal 1884 espose alle mostre degli Amatori e Cultori (Per una nuova cantina, Mascherata e Ritratto, 1886) e dal 1895 alla Biennale di Venezia.

Si spostò a Londra nel 1901 e nel 1907, eseguendo una serie di ritratti commissionatigli da facoltose famiglie locali.

Si ricordino a tale proposito il Ritratto di Phyllis Williamson, Ritratto di Elizabeth e Charles Williamson e il Ritratto dell’ambasciatore Thomas Lawson.

Tornato a Roma nel 1908  Antonio Mancini iniziò a lavorare per il mercante tedesco Otto Messinger (Ritratto di Otto Messinger, 1909, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) eseguendo quasi esclusivamente figure in costume settecentesco.

Nel 1911 presentò otto opere dipinte per Messinger all’Esposizione Internazionale riscuotendo un grandioso successo e attirando l’attenzione di Fernand du Chêne de Vère Ricci.

Era questo industriale francese con il quale il Mancini avrebbe stipulato un contratto di esclusiva, rinnovato annualmente fino al 1918.

Nel 1920 la XXII Biennale di Venezia gli dedicò una  personale esponendo i lavori più recenti.

Antonio Mancini morì a Roma nel 1930.

 


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Ulvi-Liegi-autoritratto

Liegi Ulvi (1858-1939). Biografia. Quadri in vendita.

Ulvi-Liegi-vendita-dipinti-postmacchiaioliUlvi Liegi nacque a Livorno nel 1858.

Appartenente a un’agiata famiglia ebraica livornese, iniziò gli studi artistici con Carlo Markò jr. e Luigi Corsi.

Iscrittosi all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1880, seguì i corsi di Ciaranfi, esordendo due anni più tardi alla Promotrice cittadina con otto opere firmate sin da allora con lo pseudonimo Ulvi Liegi, anagramma di Luigi Levi.

L’influenza macchiaiola di artisti come Signorini, Lega, Fattori e i Tommasi ebbe la meglio sulle sue conoscenze accademiche.

Nel 1886, dopo aver partecipato alla I Mostra livornese presso i Bagni Pancaldi, si recò a Parigi.

Qui, su consiglio di Signorini, fece la conoscenza di Zandomeneghi, presente all’VIII Mostra degli Impressionisti con alcune opere.

Seguì una serie di partecipazioni alle più importanti esposizioni: a Venezia (1887, Campagna romana, Manzotto sulla via Faentina, Strada al romitaggio), a Londra presso la Slade School, alla I Esposizione Italiana (1888), a Parigi (La sera e Dintorni di Firenze), a Firenze, Genova, Torino e Milano.

Negli anni Novanta la sua pittura si accostò alla corrente impressionista, influenza riscontrabile nell’esuberanza cromatica che ne contraddistinguerà tutta la produzione.

Alternò la presenza a Firenze con frequenti soggiorni a Livorno e sulla costa ligure, realizzando un’intensa produzione, presentata alle rassegne più importanti.

Una seria crisi coniugale lo portò nel 1906 a stabilirsi definitivamente a Livorno.

Dopo un’interruzione protrattasi fino al 1913, riprese l’attività con successo, partecipando nel 1914-15 alla I Esposizione Invernale d’Arte Toscana a Firenze e nel 1916 alla Primaverile di Palazzo Medici-Riccardi e all’Esposizione Nazionale d’Arte a Milano, dove presentò un’acquaforte, ritraente Fattori nel proprio studio.

Nel settembre del 1921 venne eletto Presidente del Gruppo Labronico. Alla VII mostra del Gruppo esibirà ben 47 opere.

Sempre nel 1924 la Galleria d’arte moderna di Firenze gli acquistò il Ritratto di modella.

Nonostante i numerosi riconoscimenti, tra i quali spicca il conferimento della medaglia d’oro da parte del Comune di Livorno per l’alto valore artistico dell'opera e l’impegno mostrato in favore della cultura locale, morirà in assoluta povertà, senza il conforto degli affetti familiari.

Ulvi Liegi morì a Livorno nel 1939.

 


CATALOGO OPERE: San Marcello,  Piazza San Gallo a Firenze

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Ritratto di Silvestro Lega

Lega Silvestro (1826-1895). Biografia. Quadri in vendita.

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Silvestro-Lega-vendita-dipintiSilvestro Lega nacque a Modigliana (Forlì) nel 1826.

“Tra le più potenti individualità del nostro tempo”, così un critico finissimo come Diego Martelli si pronunciò a proposito di Silvestro Lega e, andando oltre al giudizio dei suoi stessi compagni nonché primi biografi, ne riconobbe appieno la complessa e tormentata personalità presagendone la “gloria”, una volta mutati i gusti dei più “per evoluzione di progresso”.

Riconoscimento che, purtroppo, in vita sarà sempre negato al “povero Vestro” anche se, ricevuta un’educazione classica presso gli Scolopi, ben presto manifestò la vocazione artistica tanto da essere accompagnato dal padre a Firenze per iscriversi all’Accademia di Belle Arti.

Qui, dal ‘43, iniziò a seguire le lezioni del professor Benedetto Servolini.

Passò  poi sotto il livornese Tommaso Gazzarrini e, infine, per un breve periodo, sotto Giuseppe Bezzuoli.

Abbandonata intanto, per il difficile carattere della cognata, l’abitazione del fratellastro Giovanni, lasciò l’Accademia, eccetto la Scuola del nudo.

Prese quindi  a frequentare la scuola privata di Luigi Mussini.

Da questo trasse, oltre che una grande passione per l’arte, la formazione purista, basata soprattutto sullo studio dei grandi maestri del Rinascimento.

Patriota e attivista convinto, Silvestro Lega nel ’48  si arruolò tra i volontari toscani.

Al ritorno a Firenze frequentò, tra la fine del ’49 e l’inizio del ’50, la scuola di Antonio Ciseri.

Sotto la sollecitazione del maestro, iniziò a dipingere L’incredulità di San Tommaso, rivelando un’impostazione di stampo prettamente romantico.

Nel ‘52 espose alla Promotrice di Firenze Velleda ispirato ai martiri di Chateaubriand.

Nello stesso anno, con David che placa Saul al suono dell’arpa, vinse il Concorso Triennale dell’Accademia.

Prese parte alle riunioni del Caffè Michelangiolo non nascondendo però, dapprincipio, una certa diffidenza .

Forte dunque del profondo radicamento alla formazione accademico-purista nelle opere di questo periodo si mantenne fedele a un impianto compositivo solido e rigoroso.

Questo è evidente già nel Ritratto di signora in piedi e in quello del Fratello Ettore fanciullo, dove pare essere recuperata la tradizione fiorentina manierista del disegno.

A queste due opere si aggiungano le prime due lunette commissionategli nel ’58 per l’oratorio della Madonna del Cantone di Modigliana e  Bersaglieri che conducono prigionieri austriaci, esposto alla Promotrice di Firenze del ’61.

Fu invece con il quadro Imboscata di bersaglieri italiani in Lombardia, presentato alla prima Esposizione Italiana che  manifestò le prime avvisaglie di un radicale mutamento.

Nei dipinti successivi si assiste, infatti, ad un progressivo allontanamento dai modi del maestro e a un’adesione sempre più convinta alla nuova poetica macchiaiola che si paleserà  nelle ultime due lunette eseguite, nel ‘63, per l’oratorio di Modigliana, riguardo alle quali lo stesso Lega confessò “fu in queste tele che cominciai a scordarmi di Ciseri e fare da me”.

Dal ’62 intraprese con Signorini, Borrani, Sernesi e Abbati una serie di studi en plein air nella campagna di Piagentina, ospite della casa sull’Affrico di Spirito Batelli.

Legatosi sentimentalmente a Virginia, la maggiore delle cinque figlie di quest’ultimo, ne fissò la figura in alcuni dei suoi più noti capolavori.

Ricordiamo infatti  L’educazione al lavoro, L’elemosina, La visita in villa, Il canto dello stornello e Un dopo pranzo.

E’ in opere come queste che, con “soave maniera descrittiva e politezza formale” per dirla con il Cecchi, egli offrì, nei soggetti più ricorrenti dei suoi quadri, soprattutto donne riprese in intimi ambienti domestici, lo spaccato di una società che tentava di riscattarsi dalla una condizione di disagio cui per lungo tempo era stata soggetta.

Nel ’70, con la morte di Virginia, seguita ben presto da quella degli altri membri della famiglia Batelli, Lega piombò in uno stato di profondo sconforto.

Non  smise  però di dipingere realizzando , nel ‘72,  Le bambine che fanno le signore, dove sembra di scorgere una citazione, sia pure inconscia, da Las Meninas di Velázquez.

Con questo dipinto ottenne la medaglia d’argento all’Esposizione di Parma e un riconoscimento a Vienna l’anno successivo.

Diagnosticatagli  però una malattia agli occhi   e  colpito da gravi lutti familiari, dal ’74 non partecipò ad alcun’esposizione.

Questo  periodo di completa inattività  fu interrotto soltanto dall’iniziativa (fallimentare) intrapresa con Borrani di una galleria d’arte moderna.

Fu soltanto dopo aver riacquistato un certo equilibrio grazie all’amicizia con i Tommasi, che, dal ’78, Silvestro Lega  riprese a dipingere.

Aggiornatosi sulle novità della cultura internazionale,mise nelle tele una  “serena gaiezza” di colori e una resa immediata dell’immagine, vicina a certi quadri impressionisti.

Nell’86, per il tramite di Angiolo Tommasi, conobbe la famiglia dei Bandini con i quali instaurò un duraturo legame, iniziando alla pittura le due ragazze più giovani di casa e frequentando la loro villa di Poggio Piano al Gabbro sopra Livorno.

Qui, profondamente affascinato dalla bellezza di quei luoghi  dipinse a sintetiche macchie di colore una serie di quadri di forte intensità emotiva.

Questi raffiguravano paesaggi del Gabbro, scene di vita locale e ritratti di popolane psicologicamente indagate nella loro femminilità più intima.

Ben presto, però, col peggiorare della vista, rallentò il lavoro compromettendo   la propria situazione economica e chiudendosi in un progressivo isolamento.

A ciò si aggiunse, nel ’92, una grave malattia allo stomaco.

Silvestro Lega morì nel 1895 all’Ospedale fiorentino di San Giovanni di Dio.


 

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ANTOLOGIA CRITICA: Focus su Silvestro Lega

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Domenico Induno in un ritratto

Induno Domenico (1815-1878). Biografia. Quadri in vendita.

 

Induno-Domenico-vendita-scuola-lombardaDomenico Induno nacque a Milano il 14 maggio 1815.

Iscrittosi all’Accademia di Brera su consiglio di Cossa, nella cui bottega orafa aveva lavorato, seguì i corsi di Pompeo Marchesi e Luigi Sabatelli.

Dimostrò fin da subito una grande abilità nella pittura di storia.

Con  Alessandro infermo (Milano, Accademia di Brera) infatti  vinse il Gran Premio di pittura nel 1839.

Questo gli permise  l’esenzione dal servizio di leva oltre  alla commissione di una tela per Ferdinando I, Saul unto re dal profeta Samuele.

Fu Hayez a comprendere le grandi doti artistiche di Domenico ed a procurargli uno studio nella propria abitazione, iniziandolo al ritratto e facendolo conoscere al collezionismo lombardo.

Dal 1840 iniziò la svolta verso una pittura di genere ispirata a temi di vita quotidiana, in ambienti familiari :La vivandiera, 1846; La Questua, 1850.

Tornato a Milano nel 1850 dopo aver partecipato ai moti del ’48, espose con  a Brera opere dalle quali trasparivano il pietoso amore per la vita e i sentimenti degli umili.

Vale, a questo proposito, ricordare il dipinto Pane e lagrime, premiato nel 1855 all’Esposizione Nazionale di Parigi e acquistato dallo stesso Hayez.

La partecipazione a numerose occasioni espositive e alle importanti commissioni come Arrivo del Bollettino della pace di Villafranca, dipinto nel 1861 per i Savoia, (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), accrebbero la sua fama.

Quattro anni più tardi eseguì La collocazione della prima pietra della Galleria Vittorio Emanuele, rifacendosi a uno degli avvenimenti memorabili della storia milanese.

Negli anni seguenti replicò quadri passati prestando però una maggiore attenzione alla resa naturalistica della luce (La lettera, Napoli, Museo di Capodimonte, Monte di Pietà, 1872).

Nel 1873 ottenne una medaglia d’oro all’Esposizione di Vienna con il dipinto Matrimonio di convenienza o Dramma domestico (collezione privata).

Negli ultimi anni  diradò notevolmente l’attività pittorica, comunque incentrata su scene di genere  specchio del suo stato d’animo amareggiato e disilluso.

 


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Francesco-Gioli-autoritratto

Gioli Francesco (1846-1922). Biografia. Quadri in vendita.

Francesco-Gioli-vendita-dipinti-postmacchiaioliFrancesco Gioli nacque a San Frediano a Settimo (Pisa) il 29 giugno 1846.

Frequentò l’Accademia pisana sotto la guida dell’allora direttore Marianini; la morte di quest’ultimo nel 1863 lo spinse a spostarsi a Firenze dove continuò gli studi seguendo gli insegnamenti di Pollastrini e successivamente di Ciseri.

Nel 1868 esordì a Firenze con il dipinto Carlo Emanuele di Savoia che caccia l’ambasciatore spagnolo per il quale venne premiato anche a Pistoia.

Grazie ai contatti con Telemaco Signorini e Giovanni Fattori, approdò alla pittura dal vero di soggetto campestre: Incontro in Maremma, Passa il viatico, Il guado e Mietitura costituiscono l’espressione del Naturalismo toscano in cui egli riuscì a trasmettere  la nostalgia dei tempi trascorsi e il  disagio nei confronti dell’avanzare del progresso.

Agli inizi del Novecento orientò la  produzione sulle vedute fiorentine dando particolare risalto alla resa atmosferica e luministica in senso impressionista (Tramonto d’autunno, 1902; Vecchi suoni, 1914) sulla base dei dipinti internazionali ammirati alle Biennali veneziane. Fu professore all’Accademia di Bologna e di Firenze.

Nel 1914 la Biennale di Venezia gli riservò una sala personale con 53 opere, decretandone il successo a livello internazionale.

Francesco Gioli morì il 4 febbraio 1922 a Firenze.

 

 

 

 


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ANTOLOGIA CRITICA: Focus su Francesco e Luigi Gioli

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Gigante-Giacinto-ritratto

Gigante Giacinto (1806-1876). Biografia. Quadri in vendita.

Gigante-Giacinto-ritratto
Giacinto Gigante nacque a Napoli nel 1806.

Dopo aver ricevuto i primi rudimenti di pittura dal padre Gaetano, noto frescante napoletano, iniziò la carriera eseguendo soprattutto paesaggi e ritratti (Vecchio pescatore seduto, 1818).

Nel 1820, con l’amico Achille Vianelli, frequentò lo studio dello svizzero Huber.

Da questo  imparò l’uso dell’acquerello e della camera ottica.

Era  questa una tecnica che permetteva di tracciare il contorno del paesaggio su un supporto lucido e poi ricalcarlo su un foglio da disegno).

Nello stesso anno venne assunto come disegnatore presso il Real Ufficio Topografico di Napoli dove approfondì, oltre all’acquaforte, la tecnica della litografia (Marina grande di Capri, Napoli, Museo di Capodimonte).

Con la partenza di Huber da Napoli nel 1822, Giacinto Gigante entrò nella scuola di Sminck van Pitloo a Vico del Vasto (Chiaia).

Qui eseguì il suo primo dipinto ad olio (Il lago di Lucrino, 1824, Napoli, Museo di San Martino), en plein air, e frequentò molto assiduamente Duclère, Carelli e Smargiassi che costituiranno, insieme a lui, il nucleo centrale della Scuola di Posillipo.

Nel 1826 si trasferì a Roma frequentando lo studio di Wolfenberger per il quale eseguì numerosi paesaggi.

Nello stesso anno partecipò alla I Esposizione Borbonica di Napoli esponendo due vedute romane e due paesaggi campani.

Nel febbraio 1831 sposò Eloisa Vianelli, sorella di Achille.

Tra il 1929 e il 1932 si dedicò all’attività grafica illustrando con Vedute di Napoli e dintorni l’opera Viaggio pittorico nel Regno delle Due Sicilie.

Durante gli anni Venti Gigante fece la conoscenza del pittore russo Sil'vestr Feodosievič Ščedrin.

Tramite lui  entrò in contatto con l’ambasciata russa e gli aristocratici di passaggio a Napoli.

Divenne così, a metà degli anni ’30, uno dei loro artisti preferiti (Veduta di Napoli dalla Tomba di Virgilio e Veduta di Napoli dalla villa Graven, eseguite per lo zar Nicola I, i ritratti del principe Hotgetrouby, di Dolgoruki e del conte Potosky, Napoli, Museo di Capodimonte e Museo di San Martino).

Nel 1846 lo Zar Nicola I lo inviò in Sicilia come maestro di disegno della Zarina Alessandra (Il teatro di Taormina). Tre anni più tardi sarà l’insegnante delle figlie di Ferdinando II e esecutore di vedute di Gaeta per la regina Maria Teresa.

Dagli inizi degli anni ’60 si concentrò sulla pittura di interni preferendo chiese e conventi (Interno di San Giovanni a Carbonara e Interno di Donnaregina, Napoli, Museo di San Martino; Cappella del tesoro di San Gennaro, 1863, Napoli, Museo di Capodimonte).

Giacinto Gigante morì a Napoli nel 1876.


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Oscar-Ghiglia-vendita-dipinti

Ghiglia Oscar (1876-1945). Biografia. Quadri in vendita.

 

Iniziata la carriera artistica come autodidatta, negli anni Novanta Oscar Ghiglia  frequentò i pittori livornesi Manaresi e Micheli, nel cui  studio conobbe ModiglianiDe Witt e Lloyd.

Nel 1900 si trasferì a Firenze per studiare le opere conservate nei musei e  per frequentare l’atelier di Fattori.

Qui, su consiglio di quest’ultimo, seguì la Scuola libera di nudo entrando in contatto con  Vinzio, Soffici e Melis.

Esordì con successo nel 1901 alla Biennale veneziana con un Autoritratto.

Il 1902 fu l'anno in cui  espose alla mostra della Società Promotrice di Belle Arti di Firenze.

Nello stesso periodo sposò Elisa Morandini.

Il Ritratto della moglie fu presentato nel 1903 nella “sala toscana” alla Biennale di Venezia.

Fondamentale per il pittore livornese fu, intorno al 1908-’09, l’incontro con Gustavo Sforni, anch’egli pittore e amico di Fattori, nonché uno dei primi italiani a collezionare opere di Degas, Van Gogh e Cézanne.

Fu  infatti Sforni che, nel 1911, propose a Ghiglia un contratto per tutta la vita di lire 500 al mese, in cambio di un diritto di prelazione sulle opere.

Nel 1910 Soffici organizzò al Lyceum fiorentino una mostra sugli Impressionisti, in cui Ghiglia trovò conferma alla sua volontà di integrare la pittura della “macchia” con l’arte francese.

Sono di questi anni  infatti le celebri opere che testimoniano tale sintesi (Anfore e zucca, 1912-‘13; La sedia rossa e Calle e arance,1913; l’Autoritratto con Sforni, 1913-’14 ca.).

Dal 1914  Oscar Ghiglia trascorse lunghi periodi a Castiglioncello, dedicandosi alla realizzazione di nature morte, tema a lui molto caro.

Il critico Ugo Ojetti fu per l'intera  carriera suo fervente sostenitore. Fu certamente per questo motivo che, nel 1908,  l’artista toscano eseguì una delle sue opere più rappresentative, La signora Ojetti nel roseto.

Oltre a questa, nel 1909-’10 realizzò  La toilette della signora Ojetti e il Ritratto di Ugo Ojetti nello studio.

Verso il 1929 prese  parte a una mostra della Galleria Pesaro di Milano insieme ai due figli Valentino e Paulo, anch’essi pittori.

Nel 1935 si colloca   la sua ultima partecipazione di rilievo, quella alla seconda Quadriennale di Roma, con  un numero notevole di opere.

CATALOGO OPERE:

Natura morta con uva

 Donna allo specchio

La signora Ojetti nel roseto

Limoni 

 Fanciullo con basco

Autoritratto

Composizione con arancia e foglia rossa

Natura morta con chitarra e limoni

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Pietro-Fragiacomo-foto

Fragiacomo Pietro (1856-1922). Biografia. Quadri in vendita.

Pietro-Fragiacomo-vendita-paesaggi-venezianiPietro Fragiacomo nacque a Trieste nel 1856.

Nel 1871 si trasferì a Treviso, avendo trovato lavoro come disegnatore alla Società Veneta di Costruzioni Meccaniche.

Nel 1877, rientrato a Venezia, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti, seguendo i corsi di pittura di paesaggio di Guglielmo Ciardi e Bresolin e quelli di prospettiva di Viola.

Il consolidamento dell’amicizia con Favretto è visibile in Un curioso accidente, presentato nel 1880 all’Esposizione Nazionale di Torino.

La predilezione per soggetti lagunari traspare in numerosi dipinti realizzati nel 1890 (In laguna, Sera, Venezia, Mattina sulla laguna) e presentati alla I Esposizione del Circolo Artistico di Trieste.

Con Pace e D’inverno (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) ottenne il sospirato successo alla Triennale milanese del 1891.

Dopo i numerosi viaggi a Monaco, Costantinopoli e Monaco di Baviera, grazie all’importanza assunta nel contesto artistico veneziano, entrò, nel 1895, nel comitato ordinatore dell’Esposizione Internazionale d’arte di Venezia accanto a Guglielmo Ciardi, Tito e Nono.

Numerose furono da quel momento le partecipazioni alla Biennale veneziana e molti dei dipinti entrarono alla Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro (Al vento, 1897; Tramonto triste, Piazza San Marco, 1899; Le rondini).

Il gran numero di artisti internazionali riuniti alla rassegna veneta dette a Pietro  Fragiacomo la possibilità di confrontarsi con nuove correnti pittoriche (Art Nouveau), i cui influssi si riscontrano in quadri come Armonie del silenzio (Firenze, Galleria d’arte moderna) e I pioppi (Piacenza, Galleria Ricci Oddi).

Anche nel ‘900 Favretto prese parte alla maggiori rassegne artistiche nazionali.

Tra queste  la Promotrice di Torino,  la Società degli Amatori e Cultori di Roma e  Ca’ Pesaro a Venezia.

Nel 1918 allestì una personale con 133 opere alla Galleria Pesaro di  Milano.

Pietro Fragiacomo morì a Venezia nel 1922.

 

 

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